Loco a Marsiglia

1235

Restituire il calcio ai tifosi , al di là del risultato, delle vittorie e delle sconfitte. Questo ha lasciato in eredità Marcelo Bielsa a Marsiglia. L’allenatore argentino infatti viene ricordato a distanza di anni in Francia nonostante non abbia portato trofei alla sua squadra, perchè “il successo è un’eccezione, gli esseri umani qualche volta trionfano, ma di solito progrediscono, combattono, lottano”. Fabio Fava, giornalista oltrepadano e bolognese di adozione (Eurosport, SportMediaset e Dazn) ha raccontato il “Loco” a Marsiglia nella stagione 2014/2015 e ne ha paralto con noi di Unminutoprima.com


Fabio Fava

Fabio parlaci un po’ del tuo ultimo lavoro… di cosa si tratta?

“Si chiama “Loco a Marsiglia” e per come la vedo io è una storia d’amore. Una storia d’amore tra un allenatore molto lontano dallo stereotipo classico del tecnico, un tipo passionale, iconico e capace di lasciare un segno proprio grazie ad un’innata capacità di coinvolgimento ed un città unica, fiera, gente orgogliosa che aspettava soltanto di essere risvegliata. Quella di Marcelo Bielsa alla guida dell’Olympique Marsiglia è stata una tempesta perfetta, un anno meno un giorno vissuto sulle montagne russe, senza trofei in bacheca ma con la consapevolezza di aver vissuta qualcosa di unico e, per certi versi, irripetibile”.

Come è nata l’idea di scrivere un libro?

“Come spesso accade, è nata per caso. Diciamo che scrivere è sempre stato un piacere per me, questa volta anche grazie all’editore Alberto Facchinetti di Edizioni InContropiede, c’è stata la possibilità di realizzare un piccolo, grande sogno. L’idea è piaciuta subito, ci siamo trovati immediatamente sulla stessa lunghezza d’onda e, durante quel durissimo periodo che è stato il lockdown, ho cercato di produrre qualcosa di buono”.

Perché proprio sul loco bielsa?

“Il personaggio Bielsa mi ha sempre affascinato, ma credo che questo sia abbastanza comune. La sua capacità di influenzare alcuni grandissimi allenatori del calcio moderno, quel suo essere concentrato sull’obiettivo e sul come lo si vuole raggiungere, con la strada che conta davvero più della meta. Non è uno da mezze misure, è bianco o nero, lo ami o non lo sopporti. Quello che sapevo di Bielsa mi ha dato l’imbeccata per scoprirne ancora di più, la ricerca necessaria per approfondire certi temi, in preparazione alla pubblicazione del libro, mi ha permesso di scoprire lati che non hanno fatto altro se non confermare la bontà della scelta”.

E la tua passione per il calcio francese? Solo calcio o un po’ tutta la Francia?

“Diciamo che da piccolo mi divertivo come un matto a seguire le rubriche del calcio estero sul Guerin Sportivo e ho da sempe avuto la passione per il calcio internazione, questo ne è il risultato! Scherzi a parte, ho avuto modo di seguire molto da vicino per anni il campionato francese per lavoro prima con Premium Sport e poi con DAZN, questo mi ha permesso di unire, se vogliamo, l’utile al dilettevole. Oltre al classico rapporto tra vicini di casa e al classico amore-odio che c’è tra italiani e francesi, ci sono molti aspetti della vita francese che apprezzo o che magari sento più vicini. E poi non sopporto questo pensare alla Ligue 1 come ad un campionato così inferiore agli altri, quando si parla di top 5 a livello europeo; negli ultimi anni la crescita, soprattutto sotto il profilo tattico c’è stata ed è stata evidente. Per rispondere alla domanda: la Francia mi piace, vorrei andare in Bretagna e tornare a Marsiglia, è passato un po’ di tempo e chissà che il Loco non me ne dia la possibilità”.

Come si scrive un libro? Perché un conto è avere un’idea buona, un conto è metterla in pratica…

“Scrivere un libro è un’avventura, l’entusiasmo è fondamentale ma da solo non basta. Ci vuole costanza, curiosità e voglia di andare al cuore delle cose. Dall’idea si arriva alla stesura e non sempre questo processo, che sulla carta è piuttosto lineare, si rivela altrettanto semplice. In questo non posso che ringraziare l’editore, che mi ha messo nelle condizioni migliori per riuscirci. Detto questo, io mi sono divertito come un matto!”.

Hai scritto un libro a tema sportivo, ti piacerebbe scrivere un romanzo?

“Altro che mai direi mai, in questo caso non saprei davvero rispondere. Spero che qualcosa del piacere che mi ha dato scrivere questo libro possa passare e arrivare a chi legge, se fosse così sarebbe un successo, l’unico che conta. Per il romanzo, chissà”.

Fatidica domanda, anche se in questo caso non si tratta di un minuto prima… cosa hai provato durante la stesura del libro?

“Scrivere è terapeutico, almeno nel mio caso, ne ho avuto la conferma durante i mesi in cui mi sono dedicato a Loco a Marsiglia. Mi fa stare bene vedere dei concetti che diventano idee e prendono forma, è come fare un puzzle, però con le parole. Ed è una sensazione bellissima”.

È un minuto prima di tenere in mano la prima copia?

“Vuoto pneumatico. Totale. Ho aperto il pacco con le prime copie, le vedevo, le riconoscevo, ma sembrava che stessi vivendo la scena come uno spettatore esterno. Mi ci è voluto qualche minuto per realizzare, qualcuno di più per togliermi il sorriso dalla faccia”.

Da autore a lettore… ultimi tre libri letti?

“Direi “La partita” di Piero Trellini, uno splendido romanzo su Italia-Brasile del Mondiale ’82, “Polizia” di Jo Nesbø, ho un debole per la saga dell’investigatore Harry Hole e ultimo “Azzurro tenebra” di un maestro come Giovanni Arpino, sulla disfatta dell’Italia ai Mondiali del 1974, un autentico capolavoro senza tempo”. E poi c’è una cospicua fila, tra ebook e libri cartacei, che occupa il mio comodino!”.

Ora che hai cominciato sarebbe un peccato fermarsi… progetto per il prossimo libro?

“Bella domanda, però bisognerebbe farla all’editore! Battute a parte, ci stiamo pensando, qualche idea c’è, nulla di concreto per il momento. Adesso godiamoci questo primogenito!”.