LA MACHINE A LAVER DEL PSG

1326

Il Psg è una squadra mangia allenatori? Chiunque arrivi, da Ancelotti a Tuchel, passando per Emery, viene masticato. Ora ci prova Pochettino.


di Fabio Fava

Da anni qualsiasi allenatore arrivi a Parigi fa veramente fatica a rimanerci. Nonostante i trionfi in Francia Da Ancelotti a Tuchel, passando per Emery, non riesce a imporre le proprie idee.

C’è chi vede Napoli e poi muore, chi costruisce Roma impiegandoci molto più di un giorno e chi entra a Parigi con delle idee tornandosene a casa diverso, se non addirittura cambiato. Giovanni Trapattoni, prim’ancora di aggiungere record alla sua esperienza con l’Inter, la definì una lavatrice, che en français diventa machine à laver.

MACHINE A LAVER

Questo, una machine à laver, sembra essere diventato il Paris Saint-Germain, non tanto per quel che riguarda i risultati, quelli sotto la Tour Eiffel arrivano in maniera copiosa e costante, ma se il discorso si sposta sulla proposta tattica. L’ultimo caso in ordine cronologico è quello di Thomas Tuchel, finalista di Champions League meno di sei mesi fa e già diventato insieme ex tecnico dei francesi e nuovo tecnico del Chelsea, da un Parco ad un Bridge, dai Principi a Stamford, da Parigi a Londra più o meno senza rimpianti.

EMERY

Tuchel come Emery, arrivati sulla panchina del PSG con le carte in regola e la voglia di cambiare la mentalità del club, affrancandolo definitivamente dai complessi che ne hanno segnato l’inferiorità nei confronti delle altre big d’Europa quando si è trattato di gloria continentale. Bene la Ligue 1, altrettanto bene la bacheca stracolma di trofei Made in France, poi, però… Da Siviglia Emery era arrivato con la nomea di “Rey de copas”, un re di coppe che aveva fatto dell’Europa League una dépendance portando gli andalusi ad assumere una fisionomia ben precisa in campo, fatta di aggressività, pressing e idee non del tutto figlie delle ripartenze.

Quel ritmo, quella capacità di stare nella metà campo avversaria, a Parigi non si è vista mai, un po’ perchè nella prima stagione parigina le rivali sbucarono fuori più o meno improvvise, oltre al Nizza di Mario Balotelli la vera contender fu il Monaco di Leonardo Jardim e Kylian Mbappé poi campione, un po’ per quella clamorosa remuntada subìta al Camp Nou in Champions League dopo il 4-0 dell’andata: in contemporanea con il gol di Sergi Roberto a puntellare il 6-1 del Barça, in quello stesso momento, finisce l’autonomia e l’avventura di Emery a Parigi, mai compiuta davvero, mai cominciata sul serio.

TUCHEL

Al suo posto, nell’estate del 2018, arriva Tuchel, probabilmente non la prima scelta della dirigenza qatariota, un tecnico stimato e riconoscibile per una condotta di gioco propositiva e allo stesso tempo dispendiosa, ma del suo Borussia Dortmund, quello che in tanti avevano etichettato come un Klopp 2.0, fa vedere poco o nulla, meglio poco o niente riesce a ricreare. Eppure arrivano due titoli francesi, ça va sans dire, insieme con l’appuntamento più atteso e a lungo inseguito, quella finale di Champions League che soltanto il Bayern Monaco renderà amara in un’edizione insolita e, si spera viste le condizioni mondiali, irripetibile. Nemmeno Tuchel ha sedotto Parigi, perchè probabilmente Parigi non vuole lasciarsi ammaliare, anche se lei per prima intuisce, apprezza, capta. Una volta calati nella realtà della città, del club, una volta mani e piedi nel quotidiano parigino, le enormi disponibilità economiche lasciano più o meno il tempo che trovano, le idee non emergono del tutto, il compromesso corre il rischio di allungare e di, conseguenza, di alleggerire il sapore.

 

Unica eccezione, se ci limitiamo all’era QSI (Qatar Sports Investments, quindi dal 2011 ad oggi), quel Carlo Ancelotti che, nonostante il 50% di “scudetti” conquistati nella sua esperienza biennale (il primo, a sorpresa, andò alla favola Montpellier), non ha patìto la pressione della lavatrice parigina, in quanto a idee di partenza e risultato finale. Il prosieguo della sua carriera, in questo senso, è stato firma e controfirma a quello che, del PSG, era arrivato prima.

Next step, Mauricio Pochettino, da figlioccio di Bielsa ai tempi del Newell’s Old Boys a tecnico prima emergente e poi rampante, da ex giocatore del PSG tra il 2001 ed il 2003 a nuova guida, lui che pronti, via, ha già messo in bacheca il Trophée des Champions (la Supercoppa di Francia), tanto per gradire.

Non di soli risultati vive l’allenatore del PSG, giusto per riadattare un altro adagio. Perchè Parigi sa ammaliarti, conquistarti e alla fine, cambiarti. Quasi sempre, anche solo un Poch…